Via Giuseppe Verdi è una via del centro storico di Firenze, che va da piazza Santa Croce a via Pietrapiana (canto alle Rondini). Lungo il tracciato si innestano via dei Lavatoi, via Ghibellina (canto degli Aranci), via de' Pandolfini (canto alla Badessa) e via dell'Agnolo (canto dei Chierici), via dell'Ulivo e via di San Pier Maggiore.

Storia

La strada è divisibile in due tronconi, separati da via dei Lavatoi. Il primo, verso piazza Santa Croce, si chiamava "via del Diluvio" dall'alluvione del 1557, poiché questa zona (come sarà anche nel 1966) è quella altimetricamente più bassa del centro storico di Firenze e quindi particolarmente vulnerabile in caso di tali sciagure (qui le acque raggiungensero anche i cinque metri di altezza). Tale condizione è dovuta al fatto che lungo la strada, fino a via de' Benci, corressero i fossati che circondavano le mura del XII secolo, creando, anche dopo la ricopertura, una zona di maggiore depressione rispetto a quelle circostanti.

Il tratto seguente, fino a via Ghibellina, era invece chiamata "via delle Stinche", poiché qui vi sorgeva il tetro carcere delle Stinche, una sorta di grande cubo in muratura pressoché senza finestre rivolte all'esterno. Fu chiamato anche "via del Rosaio". Dopo la demolizione del carcere vi fu costruito il Teatro Pagliano. Nel 1901, anno della morte di Giuseppe Verdi, teatro e via vennero rinominati in suo onore.

Questo incrocio, con via Ghibellina, si chiamò Canto degli Aranci, dalle piante che crescevano in un giardino, e prima ancora Canto dei Leoni: pare che questo derivasse dal fatto che qui ebbero casa i discendenti di quell'Orlanduccio salvato da una leonessa in quella che poi fu appunto chiamata via dei Leoni. In questo punto avvenne un fatto di sangue nel 1576, riscoperto in un manoscritto da Guido Carocci: il paggio del granduca Lelio Torelli da Fano, nell'uscire dalla casa del bandieraio Ulivo, fu assalito e ucciso da Troilo Orsini poiché ritenuto troppo ammanicato con Isabella de' Medici, maritata al suo congiunto Paolo Giordano Orsini e forse pure amante di Troilo; ciò non fu che un anticipo del delitto passionale che pare fece assassinare la stessa Isabella per mano del marito, nella villa di Cerreto Guidi. Scappato a Parigi, Troilo fu coimunque raggiunto e fatto fuori da un sicario di Francesco I de' Medici.

Oltre questo incrocio, le case di sinistra erano dei Salviati, quelle di destra dei Riccialbani; tra le basse costruzioni, dove si trova anche la sede storica di Filistrucchi, gli edifici furono costruiti a ridosso delle antiche mura; all'angolo con via dei Pandolfini una sorta di torretta faceva parte dei locali annessi all'oratorio di San Niccolò del Ceppo.

La parte terminale della strada, che oggi sfocia in piazza Salvemini (ma che fino al 1936 proseguiva direttamente verso via Fiesolana) era chiamata "via del Fosso", per via del fossato che correva lungo le penultime mura, del XII secolo. Questo tratto venne stravolto da un progetto urbanistico degli anni Trenta, realizzato solo in parte prima dello scoppio della guerra e completato poi negli anni sessanta: a tale intervento risalgono la Casa del Fascio, al posto del monastero delle Santucce, e le Poste di via Pietrapiana, di Giovanni Michelucci.

Il nome attuale della via fu deciso un anno appeno dopo la morte di Giuseppe Verdi, con decreto comunale è datato 8 febbraio e firmato dal prosindaco Antonio Artimini.

Descrizione

Edifici

Lapidi

Al 6 la casa di Pietro Dazzi, educatore e accademico della Crusca, fondatore nel 1867 delle scuole del Popolo (centri di formazione professionale rivolti ai ceti meno abbienti), decorata da una targa, posta nel 1898 e arricchita da un medaglione in bronzo con ritratto di profilo:

Al n. 11 la targa che ricorda dove visse Giacomo Leopardi durante il suo secondo soggiorno fiorentino del 1828:

Accolto benevolmente nei circoli del gabinetto Vieusseux una prima volta nel 1827, il poeta soffrì in quell'occasione di una malattia agli occhi che gli impediva di uscire di giorno, costringendolo in casa "a sedere con le braccia in croce [...senza] altri disegni ed altre speranze, che di morire". Grazie alla generosità degli amici toscani, che lo aiutarono con un sussidio, poté tornare nel 1828 e, più a lungo, dal 1830 al 1833. Qui, residente di nuovo in questa casa, gli capitò di innamorarsi di una donna che si compiacque di avere il poeta ai suoi piedi ma non lo ricambiò, Fanny Targioni Tozzetti, chiamata nelle opere dell'artista Aspasia quale indirizzo di versi di rimprovero.

Note

Bibliografia

  • Piero Bargellini, Ennio Guarnieri, Le strade di Firenze, 4 voll., Firenze, Bonechi, 1977-1978.
  • Francesco Cesati, La grande guida delle strade di Firenze, Newton Compton Editori, Roma 2003.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

  • Claudio Paolini, schede nel Repertorio delle architetture civili di Firenze di Palazzo Spinelli (testi concessi in GFDL).

Investitalia Via Giuseppe Verdi

Giuseppe verdi Fotos und Bildmaterial in hoher Auflösung Alamy

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